Digiuni a staffetta
L’idea dello sciopero della fame a staffetta è nata da Davide Tutino, docente sospeso per il suo rifiuto di esibire il lasciapassare nero.
Davide ha iniziato il primo digiuno il 31 dicembre 2021 e ha lanciato l’idea dei digiuni a staffetta, da portare avanti fino al 31 marzo, che attualmente risulta essere la data della fine dello stato di emergenza.
Il testimone è stato raccolto dal professor Saverio Mauro Tassi che ha digiunato mentre occupava la sua scuola e portava avanti la battaglia per eliminare ogni forma di discriminazione. Fondatore di Scuola uguale per tutti lotta per ottenere il ritiro del provvedimento governativo che prescrive la messa in DAD degli studenti che non esibiscono il certificato verde rafforzato.
A seguire si sono uniti alla staffetta altri esponenti del mondo della cultura.
Il 13 febbraio 2022 Carlo Cuppini, scrittore, e Sergio Porta, professore ordinario all’Università di Glasgow, hanno trasmesso contestualmente tramite i rispettivi profili Facebook l’inizio del loro sciopero della fame.
Di seguito il loro messaggio:
«Questo atto vuole esprimere un NO assoluto a politiche che — a copertura di gravi omissioni, ritardi, inadeguatezze e contraddizioni — non esitano a punire cittadini che non hanno infranto alcuna legge o norma, sovvertendo i principi culturali, prima ancora che giuridici, dello stato liberale e di diritto. Lo sciopero della fame è un NO definitivo a un sistema autoritario che, mentre strumentalizza e distorce ogni giorno il fatto pandemico, non sembra porsi minimamente il problema della ricucitura delle tragiche lacerazioni inferte al tessuto sociale, né sembra cogliere l’urgenza di rimuovere totalmente e definitivamente, il regime di segregazione a cui è costretta una parte della popolazione. Questa comprende centinaia di migliaia di adolescenti e minorenni — gli stessi sulla cui crescente emergenza psichiatrica si spendono fiumi di parole, ma che di fatto sono privati di qualsiasi voce, cura e tutela. Il digiuno è anche una forma di compartecipazione alle privazioni imposte a milioni di persone di ogni età che, per decreto governativo — e con l’approvazione o il silenzio di consulenti, garanti, scienziati, magistrati e commentatori — si vedono escluse dalla vita sociale, dal diritto al lavoro, dalla libertà costituzionale di circolazione, dalle più svariate opportunità di formazione e di benessere. Una sub-popolazione di sub-umani, condannata di fatto alla non-esistenza, come espresso dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che dicendo “Lascio un Paese unito” ha detto una cosa vera, a patto di escludere dall’idea stessa di cittadinanza milioni di cittadini, separati al punto da non essere nemmeno percepiti, se non per essere discriminati, intimiditi e umiliati.
Unita è solo la parte del Paese che “esiste” — poi ci sono le “non persone”, ombre invisibili, innominabili, inesistenti, le loro storie, i loro figli. Non si ricorda a memoria d’uomo, nella Repubblica Italiana, una simile violenza dello Stato contro i propri cittadini. Si intravedono peraltro insistenti segnali di un corso politico che tende a installare questa forma di autoritarismo in modo permanente nel cuore stesso del “sistema operativo” che sovrintende alla relazione tra Stato e cittadino: in diversi circoli, in questi giorni, è in discussione il prolungamento delle attuali forme di discriminazione nel godimento di diritti elementari anche oltre la durata dello stato di emergenza formale e anche in assenza di un’effettiva emergenza. È l’ultimo passaggio: la normalizzazione dell’inconcepibile. Se questa situazione non può che suscitare la più irriducibile opposizione politica e la più forte preoccupazione per il futuro della democrazia, il pensiero delle centinaia di migliaia di adolescenti e giovanissimi esclusi con inaudita e insensata brutalità da aspetti essenziali della loro esistenza è causa di una sofferenza insopportabile.
L’astensione dal cibo è, ancora, un gesto di lucidità e consapevolezza personale, compiuto attraverso il silenzio e la sottrazione: sottrazione da un tempo irriconoscibile, inaccettabile, nel quale al potere politico viene consentito di manifestarsi con un volto fino a questo punto minaccioso, vendicativo, paternalista e irrazionale. Dove le forze progressiste ed egualitarie dalla società, e i sistemi di controllo e garanzia istituzionali, sembrano avere abdicato al loro ruolo. Il nostro sciopero della fame non veicola alcuna richiesta o rivendicazione, se non quella di rimuovere totalmente e incondizionatamente, in via di principio, ogni forma di discriminazione. Le argomentazioni sono già state ampiamente poste e oggi, dopo una vertiginosa escalation nella scala della discriminazione, la segregazione di massa sembra essere accettata come un fatto normale. Quindi resta soltanto da presentare alle coscienze degli Italiani e degli osservatori internazionali un fatto: corpi che si privano volontariamente del proprio sostentamento per esprimere solidarietà ai corpi invisibili delle donne rimosse, degli uomini rimossi, dei loro figli, privati di diritti, sostentamento, cittadinanza, dignità e futuro».
Il 15 febbraio si è aggiunta al digiuno a staffetta Licia Coppo, pedagogista.
Grazie a tutti i digiunatori, agli obiettori, ai dissidenti pacifici, a chi ancora ha voglia di far sentire la voce per i diritti (che lo sono solamente se NON sono riservati solo ad alcuni) e di tornare a vivere in uno stato dalla cornice costituzionale. La questione non è più di tipo sanitario. Spero lo abbiano colto tutti. E di tipo sociale e politico. E Grazie anche a tutti voi che qui mi avete ascoltata… Buon satyagraha a tutti!
Licia Coppo.
Nella giornata di ieri, 17 febbraio, al suo quarto giorno di sciopero della fame, Carlo Cuppini si è recato a Roma, davanti a Montecitorio.
Qui, ha avuto un confronto con l’onorevole Marco Bella, deputato del Movimento 5 Stelle, a cui ha consegnato un documento destinato al Parlamento contenente questo appello: «ogni discriminazione va tolta, ora, insieme a un’autocritica, perché non sia mai più possibile ripristinarla, per nessun motivo. Perché, come è manifesto, lo Stato — intendendo l’insieme delle istituzioni — non ha percorso tutte le altre strade prima di toccare i diritti basilari, costituzionali, di milioni di persone».
Di seguito un estratto del resoconto di Carlo Cuppini sulla giornata a Roma.
[…] Ho detto a Marco Bella che i nostri ragazzi stanno imparando che la relazione Stato-cittadini è la seguente: lo Stato può manifestarsi come un potere irrazionale, violento, punitivo, arbitrario, che fissa a suo piacimento i limiti del diritto, esclude chi vuole di volta in volta da opportunità basilari allo scopo di risolvere un problema (in larghissima parte passato) senza avere tentato prima TUTTE le altre strade che potessero evitare di toccare i diritti costituzionali e di dividere la società in caste. […]
Lo ESORTO a un momento di mediazione sull’umano, sulle questioni “troppo alte” che in realtà potrebbero essere troppo basse, addirittura fondanti. Lo ESORTO al coraggio della coerenza, della verità, dell’onore citato nella Costituzione. […].Poi sono stato avvicinato da un poliziotto in borghese e quindi “identificato”. Perché stavo inscenando una protesta. Ho risposto che non mi risultava: stavo, da solo, portando addosso una scritta che esponeva un principio etico così come una che indossi una maglietta della Nike espone e promuove un marchio commerciale. Che differenza c’è? Non sapeva rispondere, ma non si è convinto. Allora ho chiesto se avrebbe dovuto identificarmi anche nel caso che nel cartello ci fosse scritto “Viva il governo”. Ha detto “No, perché non sarebbe una protesta.”. Capito
Poi ci siamo mossi — io piuttosto fiacco e vacillante, a quel punto — verso il Quirinale. Lì, nel magnifico piazzale, ci siamo seduti su una panchina — ero veramente spossato — con il cartello appoggiato in verticale con la scritta visibile. Il piazzale era vuoto a parte 4 poliziotti. Che si sono avvicinati e hanno chiesto i documenti per identificarmi. “Già fatto, agenti, dieci minuti fa.” “E noi dobbiamo farlo lo stesso.”
Questa volta va per le lunghe, manco ci fosse da aspettare l’esito di un tampone. Intanto arriva l’ispettore. “Qui non è consentita nessuna manifestazione.” “Ma non stiamo manifestando, ci stiamo riposando.” “Quello [il cartello] è una manifestazione. O lo girate, o devo farvi portare in questura.”
Perbacco. Lo giriamo. Ci aspettano i bambini per cena a Firenze!
L’ispettore — Fabio — improvvisamente diventa buono, e chiede il motivo della protesta, racconta che ha conosciuto Pannella, ci ha fatto vedere le foto nel telefono, poi: “Se il tuo digiuno te lo permette, vi offro un caffè.” “Grazie, non posso, accetto un bicchier d’acqua.”Andiamo al bar. Chiacchieriamo per una ventina di minuti. Ripartiamo verso Termini. Ci accompagna per un pezzo a piedi. Poi non ce la faccio più, saliamo su un bus.
Lasciandoci ci stringiamo la mano e mi dice: “Dovresti darti alla politica. Potresti dare tanto. Sei una bella persona.”Credetemi: fino all’ultimo non ho capito se fosse un cattivo che faceva il buono per carpire informazioni e controllare i nostri movimenti; o un buono che faceva un po’ il cattivo per ruolo; o uno che cercava un pretesto qualunque per pazzeggiare una mezzora; o un misto di queste tre cose. In ogni caso, se l’è giocata bene. Mi resterà il dubbio, ma mi ricorderò dell’ispettore Fabio (dell’altro tipaccio davanti a Montecitorio mi sono già dimenticato).
La chiudo qui che sono stanco. Domani vi racconto altre cose.
Tipo la risposta toccante che mi ha mandato la Garante dell’Infanzia della Regione Toscana, e cosa si muove rispetto alla stampa.Carlo Cuppini
Il 19 febbraio si è unito allo sciopero Luca Cellini.
Ecco le sue parole:
«[…] Lo sciopero della fame è una forma di resistenza per la vita, in cui si fa uso del proprio corpo come arma, senza che questo possa comunque nuocere ad altri, se non nella ferma intenzione di voler colpire e smuovere le coscienze.
Rivendico in questo sciopero la mia ferma intenzione di essere umano, nel fermo volere che cessino le odiose discriminazioni messe in atto contro le persone per mezzo di un dispositivo, un lasciapassare governativo che non ha niente di scientifico, né utilità alcuna ai fini della salute, ma mostra solo disumanità e becera disumanizzazione.
Chiedo che si rifletta profondamente sul carico di violenze a cui milioni di persone da tempo sono state sottoposte, giorno dopo giorno, mese dopo mese, in modo crescente. Violenze economiche, psicologiche, morali, ideologiche, ricatti intollerabili sul lavoro, sul diritto allo studio, sulla libertà di circolazione, sul diritto al sostentamento a cui da oltre un anno milioni di persone vengono sottoposte, producendo in tutto questo sofferenze inaccettabili, ingiustificabili, indegne di una qualsivoglia società civile, lontane anni luce da qualsiasi principio di solidarietà, di condivisione, di cooperazione fra le genti.
Chiedo che tale riflessione porti a constatare la crudeltà inutile e controproducente delle misure governative finora messe in atto e ad oltranza da questo governo, che in conseguenza a tale riflessione, sorga in sempre più persone un fermo sentire, un desiderio vitale, e ancor più la necessità interiore di rigettare a loro volta tali odiose disposizioni governative.
In conseguenza si possa chiedere in massa, la fine immediata di questa deriva autoritaria, miope e antiumanista che sta solo producendo danni enormi su tutti i piani, ledendo pesantemente la dignità umana, oltre che i principi della nostra Costituzione, il diritto al lavoro, e pressoché tutti i diritti inviolabili della persona […]».
Luca Cellini
Il 21 febbraio 2022 si unirà allo sciopero Paola Olivieri.
Non c’è dubbio, in Italia, c’è fame di democrazia!